martedì 14 novembre 2017

New York Marathon 5 Novembre 2017

Sito NY Marathon

Edizione 2016 (OrcoSmigol)
Edizione 2014 (OrcoPolare)

Dal racconto dell'OrcoSmigol

LA MIA SECONDA VOLTA ALLA MARATONA DI NY
Arrivando una settimana prima della maratona abbiamo il vantaggio di smaltire molto bene il jet-lag ma abbiamo il problema di gestire l’alimentazione , gli ultimi allenamenti e “conservare” le gambe.
Central park già il lunedì é in fermento con gru, montatori di spalti, transenne e runners locali che percorrono i viali; il vero spettacolo inizia il venerdì con lo sbarco dei runners stranieri che letteralmente invadono chiassosi il parco ad ogni ora.
L’Expo apre il giovedì mattina e arrivo per primo al banco del ritiro pettorali
Che soddisfazione con tanto di applausi dei volontari!
Vengo contattato da un giornalista italiano che vuole scrivere un articolo e rilascio un intervista telefonica.

Contatto un mio compagno di squadra OrcoDelleNevi e decidiamo di trovarci al village.
La settimana scivola veloce con km macinati a piedi per tutta la grande mela e arriva il giorno della gara .
Si inizia con sveglia alle quattro e delle belle ripetute in sala breakfast per accaparrarsi pane e marmellate assaltate da runners italiani che gridano, si abbuffano , sparano numeri sul passo da tenere , tempo finale , Pacers , qualcuno vuole farsi fare da pacer dalla Dossena, qualcuno spara che la Flanagan ha delle discendenze italiane : uno zio pugliese amico del fratello del cugino di quello che mangia a fianco a me e io SEMPRE MUTO e rosicchio quattro fette sfigate di pane con pseudo marmellata. Il gregge sale sul bus e il sottoscritto sfigato ma newyorker prende la metro per 20' poi il ferry boat con alba splendida , il bus e dopo i controlli e le perquisizioni va a piedi verso il village, poi la wave, in ultimo il corral ; mi sono già fatto mezza giornata, devo rimangiare e ingurgito mezzo bagel ( lo scorso anno ha funzionato!) e mi regalano il cappellino rosa arancio della dunky donuts.

Fa freddo , pioviggina e tappa bagno strategica a 10' dalla chiusura del corral.
Dopo mezz’ora la fiumana è diretta ai piedi del Verrazzano con aria che sferza a mille.
Essendo nel primo blocco assisto a tutta la cerimonia d’inizio dei PRO con tanto di colpi di cannone , inno americano e brividi di freddo e di emozione, ormai ho abbandonato il caldo felpone e sono in tenuta da gara con maglia di ordinanza ,
9,50 sparo e si parte , impossibile tenere il passo troppa gente consueta scena con elicotteri che si alzano dallo hudson . Inizia la MIA maratona , stacco la presa sono solo con le mie gambe e mi concentro sulla corsa , verifico il cruscotto dopo tre km : frequenza e passo ci sono . Click spengo tutte le lucine e mi risveglio dopo 20 km ancora tutto sotto controllo . In sottofondo le urla della gente , la musica , suoni e rumori ma ê come se fossi più in alto , in una bolla ed è tutto in secondo piano. Arriva il ponte queensboro che patisco . Si sale , un po’ di calca e nessuna folla ma si sente in lontananza il vociare delle persone all’uscita del ponte. Si rallenta , ho già ingerito un paio di gel e ormai i carboidrati di riserva me li sono fumati. Cerco di bere acqua prendendo il bicchiere al volo tra i volontari che fanno a gara per sporgerlo.Sento di dover gestire un problema di pancia dopo il 30 esimo ma le gambe sembrano funzionare , ma inizio a pagare il conto dei primi
Km troppo lenti e poi troppo veloci per recuperare , la media é dei 4’35” e ci siamo ma siamo ancora lontani , so che c’è orcobetta da qualche parte ma non la vedo e non la sento urlare GARAX;il mantra è gestire la pancia e non le gambe inizio ad avere freddo , la mascherina si appanna e piove più deciso , arrivo al bronx e assaggio la banana più buona del mondo ma anche la più veloce si trasforma da bolo a kilo, e via intestino tenue duodeno ileo e crasso e il problema da gestire si fa serio , si gira sulla quinta e mi accorgo di correre con gli occhi chiusi. Qui la folla é davvero impazzita quasi fastidiosa per me che ho un problema e continuo a trottare, entro in Central park e mancano solo 2,5 ma sono miglia e sto perdendo qualche secondo sono a 4’45” ma sento di farcela , concentrazione e spostare il problema maledetto;  central park ma quanto sei lungo e vallonato ?
Riguardo l’orologio e continuo a correre , riprendo qualcosa e il passaggio ai 42,195 in 3h17' ma a NY fare 800 metri in più é un attimo e vedo la finish line riconfermando il mio PB 3h20'.
Per un attimo sparisce il problema, le gambe sono leggere , i volontari ti coccolano , la medaglia , ti avvolgono nella metallina , la fermano con l’adesivo, ti danno la safetybag , ti aprono la bottiglia , sei confluito verso l’uscita con braccialetto identificativo post- poncho ed eccolo il poncho , bello caldo con cappucccio , una coccola e mi avvio sulla 75esima dove orcobetta mi viene incontro .

Racconto solo gli ultimi km e foto di rito 
 via verso la subway ma davanti al magazzino century21 il problema diventa una necessità impellente , devo entrare e le commesse che si complimentano e mi chiedono come è andata, il tifo , il tempo impiegato, After . After my dear i have a big problem ! Sorry ! Restroom sei mio , ma dove sei ? In fondo a dx , noooooo il codice which is ? Please! 9999 , ho un problema due bagni su due sono occupati ma cosa vuoi che sia qlc minuto in più !
Sono sollevato e mi incammino sulla subway trotterellando e scendendo le scale normalmente a differenza di alcuni zombie ( scendono le scale al contrario , ma perché.?!?)
Anche questa è fatta! Sono contento ma testa da runner sempre con qualche dubbio , insoddisfazione , si poteva tirare di più , perché ho mollato sul ponte , sono partito troppo veloce e via discorrendo .
Una vera soddisfazione é i giorni seguenti andare in giro con La medaglia al collo ; sono riuscito ad avere degli sconti grazie alla medaglia che continuo a portare al collo dopo una settimana !
Ah dimenticavo! Il lunedì al breakfast tutti muti e azzoppati e nessuno ha espresso il proprio tempo ; le mogli che andavano avanti e indietro per portare il cibo agli eroi. Orcobetta seduta, servita e riverita mentre saltello da un vassoio all’altro.
Orcobetta ha fatto avanti e indietro i giorni precedenti la maratona conservando le mie stimate gambe! Dietro un modesto runner c’è una grande donna!
Ricordo sempre che siamo Orchi e oltre le gambe c’è di più.

Dal racconto dell'OrcoDelleNevi

Orch a New yOrk
Do it right or don't do it at all, questa frase di Ray Charles mi è sempre piaciuta e ho deciso di metterla in pratica nella corsa scegliendo come prima maratona della mia vita la TCS New York City Marathon 2017.
Dopo anni di salite e sentieri l’anno scorso decido che era giunto il momento di confrontarmi con i 42 km e 195 m di asfalto (quasi) pianeggiante della Maratona con la emme maiuscola.
A metà agosto inizio un programma di preparazione con cinque allenamenti a settimana e fin da subito mi rendo conto che l’obbiettivo che mi sono posto – correre la maratona in tre ore e mezza – non sarà per nulla semplice.
Arrivo a New York una settimana prima della maratona con più di 700 km nelle gambe e abbastanza confortato dai risultati della Turin Half Marathon e dei lunghi che ho fatto. Durante la settimana oltre a visitare la città e alcuni amici ne approfitto per fare un po’ di corsette leggere in città.
Inizio con un giro all’alba di Prospect Park a Brooklyn immerso nei fantastici colori dell’autunno.
Proseguo con una quindicina di chilometri sotto la pioggia dal ponte di Brooklyn a Times Square, passando per Battery Park, la Freedom Tower e lungo fiume Hudson dove purtroppo qualche giorno ci sarà il tragico attentato.
A New York torna il sole ed è la volta di Brooklyn Park dal quale si gode una splendida vista su Manatthan.
Il giovedì e il venerdì prima della gara vado fare una sgambatina a Central Park: l’atmosfera è davvero frizzante ci sono vari gruppi di italiani, francesi, spagnoli, svedesi, australiani, sudafricani che si allenano e nel mentre lavorano senza sosta per allestire l’area del traguardo. In mezzo a quel via vai incontro anche un connazionale abitué della maratona di New York (che però quest’anno non correrà).
Il giovedì prima della gara vado a ritirare il pettorale e mi rendo conto dell’imponente macchina organizzativa che sta dietro a una corsa nella quale partecipano più di 50.000 persone. Il ritiro del pettorale e del pacco gara è rapido e ben organizzato i numerosi stand degli sponsor nel Javitis Center sono troppo invitanti e ovviamente esco di li con un paio di borse e il portafoglio alleggerito.
Arriva domenica mattina: sveglia alle 4.45 e ritrovo a Times Square alle 5.40 per prendere il bus che ci porterà a Staten Island. Il viaggio dura più di un ora e giunge il momento dei pensieri negativi che affollano la mente: “ho male ad un ginocchio, forse ho camminato troppo”, “sono stanco, ieri dovevo andare a dormire prima”, “se la finisco in tre ore e quarantacinque è già un miracolo”.  Poi finalmente arrivo all’area di partenza e visto che partirò con la prima ‘ondata’ alle 9.50 ho giusto il tempo di fare colazione e una foto con Orco Smigol anche lui ai blocchi di partenza.
8.30 si entra nelle gabbie di partenza, 9.00 le gabbie chiudono, 9.15 ci si spoglia di felpe e pantaloni che vengono raccolti in grandi cesti e poi saranno donati in beneficenza, 9.20 tutti schierati sulle tre linee di partenza (due nella parte superiore del ponte di Verazzano e una nella parte inferiore dalla quale partirò io), 9.50 si parte!
Sul ponte fa freddino, tutti sono concentrati nel non inciamparsi negli altri corridori e l’unico rumore che si sente è quello dei piedi degli oltre 12.000 corridori partiti con la prima ondata.
Finito il ponte entriamo a Brooklyn, inizia ad esserci qualche spettatore, il primo rifornimento idrico e poi il rumore della gente inizia ad aumentare e appena imbocchiamo la 4th Avenue ci troviamo in mezzo a due ali di folla. È incredibile la quantità di gente lungo la strada che fa un tifo da stadio a chiunque passi.
I primi 10km volano via, sempre a Brooklyn percorriamo Lafayette Avenue, la strada è stretta e piena di gente corro vicino ad altri due ragazzi italiani entrambi indossano una canottiera con scritto Italia e le urla “Italia, Italia” non cessano mai.
Ad un certo punto svoltiamo in una strada in leggera discesa e le urla cessano di colpo, un silenzio quasi irreale e gli spettatori sembrano essersi smaterializzati; dopo un po’ mi rendo conto che siamo nel quartiere Ortodosso Ebraico di Brooklyn e i pochi ‘local’ che passeggiano con le caratteristiche treccine non sembrano molto interessati a noi.
Entriamo nel Queens e le urla ritornano forti come prima anche se dopo qualche chilometro cessano di nuovo perché saliamo sul Queensboro Bridge. La strada sale, passiamo il cartello della mezza maratona e scendiamo verso Manatthan.
La 1st Avenue sembra non finire mai ma le gambe girano ancora, l’incitamento non manca mai e il punto di ristoro con i gel dà un po’ nuova linfa. Si passa nel Bronx per pochi chilometri e poi si attraversa un ponte che riporta a Manatthan sul quale uno spettatore regge un cartello “Last Damn Bridge!”. Il tifo è sempre caldissimo nonostante la pioggerellina che ha iniziato a scendere; al trentacinquesimo chilometro ad Harlem guardo l’orologio, un rapido calcolo e con grande incredulità mi rendo conto che contro ogni mia aspettativa sono in linea per chiudere in tre ore e quindici minuti.
I miei sogni di gloria si schiantano appena la ‘mitica’ 5th Avenue inizia a costeggiare Central Park: di fronte a me si parano una paio di chilometri in leggera salita! È il momento più tosto, raccolgo le energie fisiche e mentali e provo a tenere al ritmo. Entro in Central Park, i decibel delle urla di incitamento aumentano, la strada inizia a salire e scendere, e il quarantesimo chilometro non arriva mai.
L’ultimo miglio mi sembra di correrlo in mezzo ad uno stadio, nonostante la quantità di gente riesco a trovare Sabrina che mi ha fatto visita lungo il percorso più volte e a darle un bacio.
Ultimi 400 metri: le mie manie di grandezza vorrebbero che gli altri corridori si fermassero per tagliare il traguardo da solo.
Arrivo! Che emozione! Guardo il cronometro tre ore e diciassette minuti, mi sembra impossibile. Medaglia al collo, foto di rito, ristoro e poi mi consegnano l’oggetto più ambito: il telino termico con scritto FINISHER 2017.

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